VOCI SOFFOCATE

A volte tornano le umide pietre del passato inondate da una oceano di lacrime invisibili.

 

Casa editrice: L’ArgoLibro

Genere: Poesia
Pagine: 62
Anno di pubblicazione: 2023

Introduzione di Milena Esposito

Traduzioni in inglese di Giuseppina Giudice

Prezzo: € 10,00

Grandissimo successo di pubblico alla presentazione della prima raccolta poetica di Amedeo Giordano, dal titolo “Voci soffocate” edito da L’ArgoLibro.

L’incontro, inserito nella Rassegna “GRADISCE UN DRINK O PREFERISCE UN LIBRO?”, svoltosi presso il LUMOS CAFÈ Foyer del Cineteatro “EDUARDO DE FILIPPO” di Agropoli, è stato curato da MILENA ESPOSITO e GIUSEPPE SALZANO.

Ospiti della Serata: Biancarosa Di Ruocco, Angela Paparella, Cristina Orrico, Paola Tozzi, Giovanna Chirico, Gianfranco Marra, Giuseppina De Marco, Teresa Apone, Loredana Puzone.

 

 

 

La raccolta, che vanta la preziosa prefazione di Milena Esposito, è caratterizzata da audaci accostamenti di termini ed aggettivi, abilmente relazionati attraverso metafore, forti ossimori e martellanti anafore, che rendono in maniera pregnante il senso dell’incomunicabilità di emozioni e sentimenti, che spesso fanno del poeta una creatura incompresa; ma è proprio da tale incomprensione che scaturisce la molla propulsiva e la tensione ad una sorta di titanismo che – come direbbe Leopardi – impedisce all’autore di sottomettersi alla propria infelicità. Di conseguenza, le voci soffocate subiscono una metamorfosi salvifica, che le muta in un grido liberatorio, quello più alto, quello più puro, quello eroico che spinge il nostro autore a chiudere la raccolta con una promessa:

“Ritornerò e ritroverò il tempo

 grazie alla virtù degli antichi

 e guarderò con forza quel mondo

di cui ho avuto paura”

 

Sono versi, dunque, quelli di Amedeo Giordano che lasciano sempre un’apertura alla speranza, uno spazio sospeso tra l’io e il noi, perché il dolore del poeta diventa il nostro dolore e la sua voglia di riscatto ci coinvolge e ci spinge alla consapevolezza che proprio i nostri limiti rappresentano la nostra forza, in quanto meravigliosamente imperfetti e, proprio perché tali, come afferma lo scrittore e critico letterario Giuseppe Salzano

“sono sempre liberi di fermarsi in nostra compagnia

o di volare altrove,

raggiungendo magari chi li sta cercando

 tra gli aspetti del proprio vissuto

 o tra caduche rimembranze”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A seguire, intervista ad Amedeo Giordano.

 

Cominciamo dal titolo: “Voci soffocate”. C’è un motivo particolare dietro questa scelta?

Il titolo nasce prima di tutto dall’esigenza personale di voler dare importanza a delle parole che sono uscite dopo tanto tempo, che sono appunto state soffocate da una società sorda ai richiami della sensibilità. Quindi, è stata più che altro una sensibilità soffocata e che principalmente era mia, ma che poi ho voluto far diventare universale per tutti coloro che hanno avuto o subito il mio stesso destino. Eccolo, dunque, il perché di queste voci soffocate, di queste voci che sono state soffocate, ma che adesso prendono vita e prendono forma.

 

La tua vita è circondata da parole e musica. Come si è sviluppato questo connubio?

Queste mie due passioni hanno una cronologia ben precisa. Prima nasce la musica, all’età di 10 anni, dall’esigenza di voler imparare a suonare uno strumento per il gusto e il piacere di farlo o anche solo per esternare delle forti emozioni, cosa che forse non sarei mai riuscito a fare attraverso un calcio ad un pallone. Così, come già detto, all’età di dieci anni, ho preso in mano una chitarra e ho iniziato a strimpellare tutte le canzoni che in qualche modo si cantano durante le sere d’estate o in spiaggia, attorno ai falò, quali le canzoni di Celentano, di Gianni Morandi. Poi, crescendo, mi sono reso conto che questa passione aumentava di giorno in giorno e mi portava a scoprire i testi delle canzoni in maniera più approfondita e non superficiale come, ovviamente, da bambini si è indotti a fare.

Invece, il mio amore per la parola scritta nasce intorno ai 18 anni, quando ho sentito l’esigenza, alla fine della scuola, di non essere più un semplice interprete, ma di essere proprio un creatore di emozioni, non uno che interpreta solo le emozioni degli altri. Ho avvertito, quindi, il bisogno di dare vita, forma e voce alle mie emozioni. Ecco, dunque, il perché di questo connubio tra parole e musica, quello di essere sì interprete, ma di essere soprattutto creatore.

 

Quali sono i musicisti e i cantautori che ti hanno ispirato?

Sicuramente ce ne sono stati tanti, primo fra tutti Edoardo Bennato, che, con sua grandissima agilità, mi ha insegnato proprio a giocare con la musica e a prendere in giro anche la realtà, quindi ad essere sempre in costante allegria con il mondo. Allo stesso tempo, ho scoperto anche il cantautorato più impegnativo, che si rispecchia nelle figure di Fabrizio De André, Francesco Guccini e Francesco De Gregori. Primo fra tutti, Fabrizio De André mi ha insegnato veramente che la poesia può tradursi anche in musica e viceversa. Si può, infatti, trattare di tantissime storie, di tantissimi personaggi, andando sempre a scavare nel loro intimo, nella loro storia, perché questo è quello che faceva, ad esempio, De André, che è stato il cantautore degli ultimi, che si è fatto appunto ultimo lui stesso; egli è un cantautore è in bilico tra l’essere amato e anche l’essere trascurato in una società spesso attratta da altri generi musicali. De André mi ha trasmesso il vero valore di quello che la musica e la parola possono produrre lavorando insieme e così è stato anche con Guccini e De Gregori.

 

Quali sono le tue preferenze come lettore?

Non ho preferenze particolari, in quanto ogni libro è determinato da una specifica condizione dello stato d’animo in cui mi trovo in quel momento, quindi ogni libro è un momento -vorrei dire- di estasi a sé stante.

Ho, tuttavia, tre poeti preferiti, che sono la triade dell’Ermetismo: Ungaretti, Montale e Quasimodo. Primo fra tutti Ungaretti, perché con i suoi versi, brevi e apparentemente scarni, punta all’essenziale e ci insegna che, per raccontare la vita, specialmente nel suo dolore, possono servire anche solo poche parole. Quindi, non c’è bisogno di una grande retorica. Lo stesso vale per Eugenio Montale e per Salvatore Quasimodo.

 

Quali sono i temi ricorrenti nella tua poesia?

La mia poesia si rifà, in primo luogo, a due correnti particolari: l’Ermetismo (prima ho citato Ungaretti, Montale e Quasimodo), perché la mia poesia è spogliata di ogni tipo di retorica e punta all’essenziale e poi il Crepuscolarismo, dato che il mio poetare è spogliato soprattutto di qualsiasi funzione patriottico-sociale, quindi di qualsiasi funzione impegnativa e punta solamente all’umano sentimento. Mi riferisco in particolare a Sergio Corazzini. La poesia per me è, dunque, rimanere bambini, perché   quando questi piangono lo fanno per essere ascoltati. Perciò, il mio è un canto di liberazione e un richiamo all’ascolto delle sofferenze non solo mie, ma di tutto l’animo umano.

 

Ci sono dei versi a cui sei particolarmente legato?

Io risponderei con le stesse parole che era solito usare il grande compositore, uno dei miei preferiti, Ennio Morricone, ogni qualvolta gli chiedevano quale fosse, secondo lui, la colonna sonora più bella che avesse mai composto. Non indicava mai un titolo; anzi, aggiungeva che la doveva ancora comporre. Così rispondo anch’io. Secondo me, il verso più bello che io abbia mai scritto lo devo ancora comporre. Tuttavia, posso dire che forse una delle poesie a cui sono particolarmente legato, non perché sia la mia preferita, ma perché semplicemente rispecchia il mio interiore di poeta è Il dolore della gioventù:

“La mia prigione è questo mare di aghi

sotto il sole di pietra in compagnia

di versi meravigliosamente imperfetti”

 

Un consiglio ai giovani poeti?

La stessa cosa che consiglio a me stesso: di mantenere sempre l’umiltà, di non pensare mai di essere arrivati, ma di essere sempre in ricerca di qualcosa che manca e che forse continuerà a mancare, perché fino alla fine dei nostri giorni noi continueremo sempre a ricercare non la perfezione, ma l’estremo della sensibilità che ci pervade e ci fa sognare, soprattutto in questo mondo che ha bisogno di un risveglio attraverso l’incanto dei versi.

 

Cosa pensi dei premi letterari? Hai mai partecipato?

Prima di tutto – lo dico a prescindere – la poesia è qualcosa che non può  essere sottoposta a giudizio, a meno che uno non voglia dedicarsi alla poesia stilisticamente ricercata; però, io approvo i premi letterari, perché sono un’opportunità per qualsiasi poeta per mettersi non in competizione ma a  confronto con altri poeti e per avere soprattutto non solo uno scambio di idee, ma uno scambio di sensibilità, perché anche nella sensibilità noi possiamo prendere qualcosa dall’altro che magari ci manca. Non ho ancora partecipato a nessun premio letterario, ma dopo questo mio esordio ho la seria intenzione di parteciparvi.

 

Al termine, una domanda, sicuramente non originale, ma sempre, a mio avviso, di fondamentale importanza: qual è il senso della poesia nella società odierna?

Oggi, purtroppo, viviamo in un’epoca in cui la tecnologia prevale sempre di più; però, la poesia lo era nel passato, lo rimane nel presente e sarà anche nel futuro la fonte a cui andare a dissetarsi, anelando a quelle emozioni che ci pervadono l’anima e ci inducono ad essere in costante ricerca non vorrei dire della verità, ma in ricerca della felicità, della nostra felicità; la poesia, quindi, è qualcosa di unico, ma  – ahimé – non  apprezzata da tutti, perché molti preferiscono la praticità assoluta. Invece, come    recita il protagonista dell’Attimo fuggente, citando John Keating, solo nei sogni gli uomini sono veramente liberi. Quindi la poesia per me è una voce fuori dal coro che merita di essere ascoltata e, soprattutto, amata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’AUTORE

AMEDEO GIORDANO nasce ad Avellino nel 1997. Fin dalla più tenera età mostra una particolare predilezione per l’arte sotto varie forme quali: il teatro, la musica e la poesia. All’età di dieci anni, infatti, si avvicina alla musica con lo studio della chitarra e al teatro con la frequentazione della scuola di teatro “Ennio Balbo” di Anna Santo Sgro. A diciotto anni nasce in lui la passione per la scrittura. Diplomato presso il Liceo linguistico “Alfonso Gatto” nel 2016.Laureato in Lettere moderne nel 2022. Attualmente è studente alla facoltà di Filologia moderna. “Voci soffocate è la sua prima raccolta di poesie. (Notizie biografiche gentilmente concesse dall’autore)

 

FONTE DELLE IMMAGINI: L’ArgoLibro Editore

Per info e ordini: largolibro@gmail.com

Per contattare l’autore: amegiordano97@gmail.com

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