Il catechismo degli adulti non si apre con grandi problemi dogmatici, bensì con la più semplice ed autentica richiesta che ciascuno di noi possa rivolgere a qualcuno: l’acqua.
(Nella foto. Duccio di Buoninsegna, incontro con la Samaritana)
Sì, proprio l’elemento più semplice, eppure il più necessario alla nostra sopravvivenza. È Gesù a rivolgere questa domanda ad una donna di Samaria.
Esaminiamo subito due elementi stridenti per la mentalità dell’epoca:
- È una donna
- È una samaritana e, come è noto, i Samaritani non erano ben visti dai Giudei
Gesù dà il via al suo dialogo, contravvenendo a qualsiasi pregiudizio. Ci insegna immediatamente la prima via della comunicazione: avvicinarsi all’altro senza condizionamenti. I discepoli, infatti, sono meravigliati, come accade anche a noi quando, prima di conoscere una persona, ci lasciamo condizionare dai giudizi della gente e ci comportiamo di conseguenza.
Gesù è libero; noi, invece, siamo prigionieri dei pregiudizi. Egli, che conosce la vera libertà, ce la dona, facendo emergere in noi una sete diversa, non quella dei beni materiali, ma il desiderio di assoluto, che ci disseta e ci appaga.
È la sete del cuore quella che siamo invitati ad alimentare e a soddisfare.
Siamo sinceri e onesti con noi stessi. Non ignoriamo questo bisogno di andare alla fonte. Un detto latino recita “In dubio non agendum”, non bisogna agire quando si è nel dubbio. Ma questo non è un invito all’inerzia, anzi è un’esortazione alla ricerca. Se, poi, non siamo sicuri di aver trovato la verità, ebbene non ci resta che continuare a cercare.
In fondo, non è poi questa la vita dell’uomo?